6 agosto-9 agosto 1945: la resa del giappone:
Terminata la battaglia di Okinawa il fronte oceanico non vide più combattimenti rilevanti, perché gli Stati Uniti temporeggiavano nel lanciare un'operazione anfibia in Giappone, temendone i costi. Tra il 17 luglio e il 2 agosto si svolse la conferenza di Potsdam cui parteciparono Truman, Churchill e Stalin che concordarono sulla resa incondizionata da imporre al Giappone, pena la sua totale distruzione. Il 26 luglio l'ultimatum di Potsdam fu pubblicato: alla seduta del 27 luglio del Consiglio Supremo l'imperatore e Suzuki cercarono di convincere i militaristi ad accettarlo, tenuto conto che il documento non parlava di destituire il sovrano come temuto. La discussione fu serrata ma alla fine fu raggiunta la maggioranza per accettare l'ultimatum; l'atteggiamento sempre più ambiguo dei sovietici però, che eludeva i tentativi di ricerca della pace, indusse il Consiglio a comunicare alla stampa che per il momento avrebbe seguito il Mokosatsu, un particolare contegno dai molti e incerti significati. Il vocabolo fu travisato da radio e giornali sia giapponesi sia occidentali, che comunicarono il rifuto dell'ultimatum.
Il presidente Truman soppesò allora la decisione di concretare le minacce mediante la nuova arma. Il comitato scientifico che ne avevano supervisionato il progetto si espresse contro il suo utilizzo, giudicato immorale e inumano; gli Stati Maggiori riuniti invece lo sollecitarono, poiché consentiva di salvare vite e infliggere un colpo micidiale al Giappone. In ultimo il presidente si pronunciò a favore dell'impiego della bomba nucleare sia perché paventava i sacrifici derivanti da uno sbarco in Giappone (era rimasto attonito dinanzi le perdite a Okinawa), sia per rafforzare la posizione internazionale degli Stati Uniti con tale azione bellica e inviare un severo monito all'Unione Sovietica. Il presidente autorizzò dunque l'uso dell'arma (operazione Centerboard): il 6 agosto 1945 alle 08:15 la città portuale di Hiroshima fu spazzata via dal primo ordigno atomico mai lanciato. Una seconda bomba fu sganciata alle 11:02 del 9 agosto su Nagasaki. I morti totali assommarono a oltre 200.000, ma decine di migliaia di sopravvissuti perirono poco dopo o negli anni a venire a causa del fallout nucleare.
Secondo gli accordi di Jalta e compreso che gli attacchi atomici avrebbero ben presto posto fine alla guerra, l'Unione Sovietica dichiarò guerra l'8 agosto e il giorno successivo lanciò un milione di soldati veterani del fronte orientale contro la Manciuria, dove erano di stanza circa 700.000 giapponesi. Entro una settimana la regione, la Corea settentrionale e Sakhalin furono occupate; nelle Curili invece la resistenza nipponica fu più aspra ma il 23 agosto furono parimenti conquistate.La sera del 9 agosto il Consiglio Supremo, dopo incertezze dei più accesi militaristi, accettò all'unanimità l'ultimatum con quattro clausole: intoccabilità della famiglia imperiale, nessuna occupazione militare, smobilitazione affidata al governo giapponese, nessun processo per i criminali di guerra. Hirohito, intuendo che tali condizioni non erano più negoziabili, quella notte convocò di nuovo il Consiglio e, nonostante i disperati appelli del ministro Anami, del generale Umezu e dell'ammiraglio Toyoda, richiese che tutti votassero per la resa: verso le 03:00 del 10 agosto la riunione ebbe termine e fu trasmesso attraverso la Svizzera un telegramma agli Alleati, che il 13 agosto risposero di voler trattare con un governo espresso dal popolo. I tre bellicosi capi persistettero nel voler continuare la guerra, la risposta non stabilendo il destino del casato: alla seduta del 14 agosto Hirohito impose infine la sua decisione di trasmettere via radio un rescritto per accettare la resa incodizionata. Alle 23:00 il testo era redatto e pronto alla consegna agli studi radiofonici, quando il palazzo imperiale fu invaso da oltre 1.000 soldati guidati da ufficiali militaristi che volevano rubare il disco e impedire così la resa. Dopo alcuni scontri con la guardia privata dell'imperatore, furono ricondotti alla ragione dal generale Shizuichi Tanaka; il ministro Anami, sconcertato dal gesto sacrilego, si suicidò alle 04:00 del 15 agosto, seguito quattro ore più tardi da Tanaka. Quella stessa mattina, alle 12:00, fu radiodiffuso il proclama che informava i giapponesi della capitolazione senza condizioni del loro paeseIl 17 il governo fu sciolto e divenne Primo Ministro il principe Naruhiko Higashikuni, che si impegnò a soffocare le rivolte di quei reparti ancora intenzionati a combattere per permettere un'incruenta occupazione del territorio nazionale: l'obiettivo fu raggiunto il 28 agosto e dal giorno successivo i primi reparti della 11ª divisione aviotrasportata atterrarono vicino Tokyo. La mattina del 30 agosto si ebbero sbarchi nella baia di Tokyo e le truppe giapponesi furono disarmate senza incidenti; alle 14:00 giunse il generale MacArthur, che nominato Comandante Supremo delle Potenze Alleate (SCAP) il 14 agosto, era autorizzato a occupare il Giappone e riceverne la resa. Nelle prime ore di domenica 2 settembre 1945 la corazzata Missouri si ancorò nella baia di Tokyo e alle 08:00 salì a bordo la delegazione nipponica, guidata dal Ministro degli Esteri Mamoru Shigemitsu e dal generale Umezu. Dopo un breve discorso di MacArthur, i plenipotenzari giapponesi firmarono lo srumento della resa, seguiti dal generale e dai rappresentanti di tutte le nazioni alleate belligeranti.Il Trattato di San Francisco, documento ufficiale di pace, venne firmato l'8 settembre 1951 tra il Giappone e gran parte delle nazioni che l'avevano combattuto, esclusa l'Unione Sovietica.La resa provocò un grande shock psicologico nelle forze armate, che furono attraversate da un'ondata di suicidi soprattutto tra gli ufficiali e nelle città nipponiche si assistette a silenziosi suicidi di massa nei luoghi pubblici.A causa dello sfacelo della nazione, l'ordine di cessare le ostilità impiegò giorni per raggiungere tutte le truppe: il 31 agosto si arrese l'isola Marcus, seguita il 2 settembre dalla base navale di Truk, dalle Isole Palau e da Rota nelle Marianne; il 4 settembre depose le armi Wake;il 9 settembre si arresero a Nanchino le armate di stanza in Cina e il 12 quelle nel Sud-est asiatico.Le ultime forze giapponesi consegnarono le armi tra febbraio e marzo 1946.Un caso particolare rappresentarono le numerose guarnigioni rimaste isolate, ignare del reale stato in cui versava in Giappone, che giudicarono la notizia un inganno insidioso oppure non ne vennero a conoscenza perché prive di radio: centinaia di migliaia di militari continuarono a ritenersi in guerra e solo nel 1951 il loro rimpatrio, operazione lunga e delicata, venne considerato concluso.Tra costoro vi furono alcuni uomini che, adottando tattiche di guerriglia e vivendo appartati, furono ritrovati solo negli anni settanta.
Il presidente Truman soppesò allora la decisione di concretare le minacce mediante la nuova arma. Il comitato scientifico che ne avevano supervisionato il progetto si espresse contro il suo utilizzo, giudicato immorale e inumano; gli Stati Maggiori riuniti invece lo sollecitarono, poiché consentiva di salvare vite e infliggere un colpo micidiale al Giappone. In ultimo il presidente si pronunciò a favore dell'impiego della bomba nucleare sia perché paventava i sacrifici derivanti da uno sbarco in Giappone (era rimasto attonito dinanzi le perdite a Okinawa), sia per rafforzare la posizione internazionale degli Stati Uniti con tale azione bellica e inviare un severo monito all'Unione Sovietica. Il presidente autorizzò dunque l'uso dell'arma (operazione Centerboard): il 6 agosto 1945 alle 08:15 la città portuale di Hiroshima fu spazzata via dal primo ordigno atomico mai lanciato. Una seconda bomba fu sganciata alle 11:02 del 9 agosto su Nagasaki. I morti totali assommarono a oltre 200.000, ma decine di migliaia di sopravvissuti perirono poco dopo o negli anni a venire a causa del fallout nucleare.
Secondo gli accordi di Jalta e compreso che gli attacchi atomici avrebbero ben presto posto fine alla guerra, l'Unione Sovietica dichiarò guerra l'8 agosto e il giorno successivo lanciò un milione di soldati veterani del fronte orientale contro la Manciuria, dove erano di stanza circa 700.000 giapponesi. Entro una settimana la regione, la Corea settentrionale e Sakhalin furono occupate; nelle Curili invece la resistenza nipponica fu più aspra ma il 23 agosto furono parimenti conquistate.La sera del 9 agosto il Consiglio Supremo, dopo incertezze dei più accesi militaristi, accettò all'unanimità l'ultimatum con quattro clausole: intoccabilità della famiglia imperiale, nessuna occupazione militare, smobilitazione affidata al governo giapponese, nessun processo per i criminali di guerra. Hirohito, intuendo che tali condizioni non erano più negoziabili, quella notte convocò di nuovo il Consiglio e, nonostante i disperati appelli del ministro Anami, del generale Umezu e dell'ammiraglio Toyoda, richiese che tutti votassero per la resa: verso le 03:00 del 10 agosto la riunione ebbe termine e fu trasmesso attraverso la Svizzera un telegramma agli Alleati, che il 13 agosto risposero di voler trattare con un governo espresso dal popolo. I tre bellicosi capi persistettero nel voler continuare la guerra, la risposta non stabilendo il destino del casato: alla seduta del 14 agosto Hirohito impose infine la sua decisione di trasmettere via radio un rescritto per accettare la resa incodizionata. Alle 23:00 il testo era redatto e pronto alla consegna agli studi radiofonici, quando il palazzo imperiale fu invaso da oltre 1.000 soldati guidati da ufficiali militaristi che volevano rubare il disco e impedire così la resa. Dopo alcuni scontri con la guardia privata dell'imperatore, furono ricondotti alla ragione dal generale Shizuichi Tanaka; il ministro Anami, sconcertato dal gesto sacrilego, si suicidò alle 04:00 del 15 agosto, seguito quattro ore più tardi da Tanaka. Quella stessa mattina, alle 12:00, fu radiodiffuso il proclama che informava i giapponesi della capitolazione senza condizioni del loro paeseIl 17 il governo fu sciolto e divenne Primo Ministro il principe Naruhiko Higashikuni, che si impegnò a soffocare le rivolte di quei reparti ancora intenzionati a combattere per permettere un'incruenta occupazione del territorio nazionale: l'obiettivo fu raggiunto il 28 agosto e dal giorno successivo i primi reparti della 11ª divisione aviotrasportata atterrarono vicino Tokyo. La mattina del 30 agosto si ebbero sbarchi nella baia di Tokyo e le truppe giapponesi furono disarmate senza incidenti; alle 14:00 giunse il generale MacArthur, che nominato Comandante Supremo delle Potenze Alleate (SCAP) il 14 agosto, era autorizzato a occupare il Giappone e riceverne la resa. Nelle prime ore di domenica 2 settembre 1945 la corazzata Missouri si ancorò nella baia di Tokyo e alle 08:00 salì a bordo la delegazione nipponica, guidata dal Ministro degli Esteri Mamoru Shigemitsu e dal generale Umezu. Dopo un breve discorso di MacArthur, i plenipotenzari giapponesi firmarono lo srumento della resa, seguiti dal generale e dai rappresentanti di tutte le nazioni alleate belligeranti.Il Trattato di San Francisco, documento ufficiale di pace, venne firmato l'8 settembre 1951 tra il Giappone e gran parte delle nazioni che l'avevano combattuto, esclusa l'Unione Sovietica.La resa provocò un grande shock psicologico nelle forze armate, che furono attraversate da un'ondata di suicidi soprattutto tra gli ufficiali e nelle città nipponiche si assistette a silenziosi suicidi di massa nei luoghi pubblici.A causa dello sfacelo della nazione, l'ordine di cessare le ostilità impiegò giorni per raggiungere tutte le truppe: il 31 agosto si arrese l'isola Marcus, seguita il 2 settembre dalla base navale di Truk, dalle Isole Palau e da Rota nelle Marianne; il 4 settembre depose le armi Wake;il 9 settembre si arresero a Nanchino le armate di stanza in Cina e il 12 quelle nel Sud-est asiatico.Le ultime forze giapponesi consegnarono le armi tra febbraio e marzo 1946.Un caso particolare rappresentarono le numerose guarnigioni rimaste isolate, ignare del reale stato in cui versava in Giappone, che giudicarono la notizia un inganno insidioso oppure non ne vennero a conoscenza perché prive di radio: centinaia di migliaia di militari continuarono a ritenersi in guerra e solo nel 1951 il loro rimpatrio, operazione lunga e delicata, venne considerato concluso.Tra costoro vi furono alcuni uomini che, adottando tattiche di guerriglia e vivendo appartati, furono ritrovati solo negli anni settanta.