2 FEBBRAIO 1943: BATTAGLIA DI STALINGRADO:
L'anno iniziò sul gigantesco fronte orientale con le nuove offensive sovietiche invernali ordinate da Stalin in tutte le direzioni: dopo la vittoriosa battaglia di Mosca, l'Armata Rossa proseguì la sua avanzata, in mezzo alle intemperie dell'inverno russo e a costo di terribili perdite, soprattutto nella regione a ovest della capitale. I tedeschi si trovarono spesso in drammatiche difficoltà, persero ancora parecchio terreno, ma non crollarono (in parte per l'ordine di Hitler di resistenza sul posto ed anche per aver mantenuto la loro coesione e combattività). Leningrado rimase bloccata, Ržev e Vjaz'ma divennero capisaldi sulla via di Mosca, la linea del Donec venne mantenuta; le due sacche di Demjansk e Cholm vennero tenacemente difese dalle truppe tedesche accerchiate che, rifornite per via aerea, resistettero fino a primavera.
A costo di gravi perdite, con oltre 1 milione di soldati morti o feriti dal 22 giugno 1941 al 30 marzo 1942, la Wehrmacht riuscì a fermare la prima controffensiva dell'Armata Rossa, altrettanto provata: 1,5 milioni di perdite. Hitler, consapevole del fatto che il tempo lavorasse contro di lui e erroneamente convinto che i russi dopo la loro sanguinosa offensiva invernale avessero definitivamente esaurito le loro forze, impose una nuova offensiva concentrata nel solo settore meridionale dell'immenso fronte orientale allo scopo di schiacciare le forze residue sovietiche e di conseguire quegli obiettivi strategico-economici (il bacino del Donbass, la regione del Volga, il petrolio del Caucaso, il grano del Kuban) ritenuti essenziali per proseguire una lunga guerra aeronavale contro le potenze anglosassoni. Dopo alcuni contrasti a livello dell'Alto comando tedesco tra alcuni generali, favorevoli ad un nuovo attacco diretto su Mosca o addirittura ad un mantenimento della difensiva, e Hitler, deciso a concludere a tutti i costi la guerra all'est entro il 1942, l'Operazione Blu veniva definitivamente stabilita. Il 28 giugno 1942 la Wehrmacht ripartiva all'offensiva, puntando verso Sud-Est. Dopo alcune rilevanti vittorie tedesche preliminari, quali la conquista della Crimea e del grande porto di Sebastopoli (già assediati da diverse settimane), e la Seconda battaglia di Char'kov, che frustrò i tentativi di attacco sovietici, iniziava la spinta decisiva in direzione del fiume Don, del fiume Volga e contemporaneamente anche del Caucaso. La Wehrmacht, favorita anche da contrasti nelle alte sfere sovietiche sulle strategie da seguire, a seguito degli errori commessi da Stalin e dai suoi Generali in primavera, per alcuni mesi sembrò nuovamente trionfante e vicina alla vittoria definitiva: l'Armata Rossa batteva in ritirata in disordine; sempre nuovi territori venivano conquistati; e con la presa di Rostov (23 luglio), si erano aperte le porte del Caucaso. Hitler, convinto che ormai il crollo sovietico fosse imminente, impose di accelerare i tempi, con un'avanzata contemporanea sia verso il Volga e il grande centro industriale di Stalingrado, sia verso il Caucaso e i pozzi di petrolio di Groznyj e Baku. Per Stalin era un momento drammatico: la città che portava il suo nome era minacciata, l'esercito appariva scoraggiato, i tedeschi invincibili, gli alleati anglosassoni sembravano osservare la situazione: nessun Secondo fronte in Europa nel 1942. Nonostante i progetti di Marshall e Eisenhower per intervenire subito in Francia per alleggerire la pressione sui Russi, Churchill, sempre timoroso dei tedeschi e forse desideroso di un dissanguamento reciproco russo-tedesco, ebbe partita vinta con Roosevelt e impose l'abbandono dei piani americani e l'adozione del piano di sbarco in Nordafrica. Il 28 luglio Stalin emanava il suo famoso ordine del giorno "Non un passo indietro": era l'inizio della ripresa militare, organizzativa e morale dell'Armata Rossa; fin dal 17 luglio era cominciata la dura e sanguinosa battaglia di Stalingrado. Il 23 agosto i tedeschi raggiunsero il Volga ma la resistenza sovietica fu subito tenace, Stalin mobilitò tutte le risorse, nella città, aspramente difesa dalla 62ª Armata del generale Vasilij Čujkov, infuriò per due mesi una violenta battaglia stradale che dissanguò la potente 6ª Armata tedesca del generale Friedrich Paulus. Contemporaneamente anche nel Caucaso l'avanzata tedesca rallentava e finiva per fermarsi alle porte di Groznij e di Tbilisi e Tuapse, esaurita dalle prime intemperie, dalle difficoltà del terreno e dalla tenace difesa sovietica.A metà novembre i tedeschi erano avvinghiati in un sanguinoso scontro a Stalingrado, bloccati definitivamente nel Caucaso, ridotti alla difensiva su tutto il resto del fronte Orientale. Il fronte dell'Asse si estendeva pericolosamente su quasi 3.000 km, con i due raggruppamenti più potenti bloccati a Stalingrado e nel Caucaso. Il pericolo principale risiedeva nel lungo fianco settentrionale sul Don; ma Hitler decise di mantenere le posizioni raggiunte. Al contrario Stalin e i suoi generali più importanti già da settembre avevano iniziato ad organizzare grandi controffensive, previste per il tardo autunno e l'inverno per ottenere una vittoria decisiva e rovesciare completamente l'equilibrio strategico sul fronte orientale. Erano le offensive "planetarie" dell'Armata Rossa, denominate con nomi di pianeti, per sottolineare il massiccio numero di forze impiegate. Il 19 novembre 1942 si scatenava l'operazione Urano: in cinque giorni i corpi meccanizzati sovietici travolsero le difese tedesco-rumene sul Don, sbaragliarono le riserve corazzate tedesche e si congiunsero a Kalač (23 novembre), accerchiando completamente la 6ª Armata bloccata a Stalingrado.Mentre falliva l'Operazione Marte sulla direttrice di Mosca, a metà dicembre Stalin sferrò il nuovo attacco sul Don, mentre i tedeschi tentavano disperatamente di venire in soccorso delle truppe rimaste accerchiate a Stalingrado anche per ordine di Hitler. Dal 19 dicembre la ritirata degli italiani, inseguiti nella neve dalle colonne corazzate sovietiche, si trasformò in tragedia. Alla fine dell'anno la situazione dell'Asse sul fronte orientale era molto critica: la 6ª Armata tedesca accerchiata a Stalingrado, isolata, affamata e ormai senza più speranze, le truppe satelliti rumene e italiane in rotta, l'esercito tedesco nel Caucaso in piena ritirata (dal 30 dicembre) per evitare un nuovo accerchiamento, i sovietici in avanzavano.
Il 2 febbraio 1943, i resti della 6ª Armata tedesca si arresero a Stalingrado. Mentre si consumava il drammatico finale dell'interminabile battaglia, Stalin e il Comando supremo ampliarono le dimensioni e gli scopi dell'offensiva invernale sovietica. Coscienti delle enormi perdite inflitte alle truppe dell'Asse e di fronte ai segni di ritirata generale dei tedeschi (il 30 dicembre era iniziato il ripiegamento dal Caucaso e il 12 gennaio era cominciata con un grande successo l'offensiva sul medio Don contro le truppe ungheresi e il Corpo Alpino italiano)i comandi sovietici sperarono di respingere il nemico, prima del disgelo di primavera, almeno fino al Dnepr e alla Desna. Le vittorie sovietiche, in effetti, si succedettero: sul Medio Don le colonne corazzate sovietiche procedevano verso Kursk e Char'kov, il Caucaso venne progressivamente liberato, Rostov sul Don tornò in mano russe il 14 febbraio, il 30 gennaio erano iniziate due nuove operazioni (Operazione Galoppo e Operazione Stella) dirette verso il Dnepr e il mar d'Azov e il 16 febbraio cadde anche Char'kov dopo una dura battaglia contro alcuni reparti scelti tedeschi.Stalin e lo Stavka organizzarono contemporaneamente altre offensive sul fronte di Leningrado, che venne parzialmente sbloccata il 18 gennaio, sul fronte di Ržev-Vjaz'ma, dove i tedeschi ripiegarono ordinatamente ai primi di marzo e anche sul fronte di Orël e Smolensk. Ma ormai anche i sovietici erano esauriti dopo tre mesi di offensive ed estenuanti inseguimenti: i reparti erano stanchi e le carenze logistiche si aggravavano. I comandi e lo stesso Stalin sottovalutarono le difficoltà e i pericoli. I tedeschi, dopo un momento di sbandamento, mantennero la loro efficienza combattiva e con l'afflusso di forti reparti corazzati provenienti dalla Francia, organizzarono una controffensiva per tagliare fuori le punte avanzate sovietiche e ristabilire la situazione su tutto il fronte Orientale.A partire dal 19 febbraio le Panzer-Divisionen tedesche del feldmaresciallo von Manstein sferrarono il loro contrattacco: i sovietici furono colti di sorpresa (era convinzione generale che i tedeschi avrebbero continuato la loro ritirata) e sconfitti. Tutte le colonne di testa vennero messe in grave difficoltà e cominciarono a ripiegare. I tedeschi riguadagnarono la linea del Donec e del Mius, a marzo riconquistarono anche Char'kov, prendendosi una sanguinosa rivincita (Terza battaglia di Char'kov). Anche i tentativi sovietici verso Orël e Smolensk vennero respinti. A metà marzo con l'arrivo della rasputizsa (disgelo primaverile) le operazioni si fermarono e il fronte si stabilizzò momentaneamente.Nella primavera del 1943, la nuova linea del Fronte presentava nel settore centrale un grosso saliente sovietico profondamente spinto verso ovest, presso Kursk: situazione potenzialmente pericolosa e favorevole ad un nuovo attacco tedesco a tenaglia. Tuttavia Hitler, scosso dalla catastrofe di Stalingrado e dalle sconfitte subite in Africa Settentrionale dall'Afrika Korps, con conseguente ulteriore indebolimento dell'alleato italiano, mostrò per una volta indecisione nella pianificazione strategica.Timoroso di un nuovo fallimento, e di fronte ai pareri ampiamente divergenti dei suoi generali, Hitler decise successivi rinvii della prevista offensiva a tenaglia, per dare tempo all'industria bellica tedesca di fornire alla Wehrmacht un grande numero di carri armati, tra i quali i nuovi Panther e Tiger dai quali si aspettava risultati decisivi.Il ritardo tedesco nello scatenare l'offensiva fornì ai sovietici l'opportunità di rafforzare e fortificare il Saliente di Kursk. Anche Stalin stava pianificando nuove offensive, per liberare il territorio sovietico ancora occupato, ma di fronte ai giganteschi preparativi tedeschi decise, su consiglio anche dei suoi Generali, di mantenersi in un primo tempo sulla difensiva, per poi passare in un secondo momento ad una controffensiva generale. L'Armata Rossa ebbe tutto il tempo di prepararsi allo scontro. Il Saliente di Kursk fu riempito di mine anticarro e cannoni anticarro sovietici; trasformandosi da potenziale punto debole del Fronte sovietico in autentica trappola per la Wehrmacht.Il 5 luglio i tedeschi iniziavano l'Operazione Cittadella per schiacciare il saliente di Kursk: furono otto giorni di battaglia durissimi tra i panzer tedeschi e le difese anticarro e i carri armati sovietici. Il 12 luglio i tedeschi, dopo aver subito grosse perdite, non erano ormai più in grado di insistere nell'attacco. La gigantesca mischia corazzata di Prochorovka suggellò la sconfitta tedesca, proprio mentre nello stesso momento, secondo i progetti di Stalin, i sovietici passavano a loro volta all'attacco nella regione di Orël e sul Mius. I tedeschi, avendo perso circa il 60% delle forze corazzate disponibili sul fronte orientale, dovettero rinunciare definitivamente all'iniziativa ad Est: cominciava ora per loro una lunga e sanguinosa ritirata.L'offensiva di Stalin si sviluppò progressivamente su tutti i settori principali dell'immenso fronte orientale: fin dal 12 luglio era cominciata la battaglia di Orël, il 3 agosto i sovietici passarono all'attacco, dopo aver ricostituito con grande rapidità grosse forze corazzate offensive (nonostante le pesanti perdite di Kursk) anche nel settore di Belgorod. La battaglia fu sempre durissima: i tedeschi non ripiegarono senza combattere e, al contrario, organizzarono continui ridispiegamenti delle loro esperte Panzer-Division per rafforzare le difese e effettuare aspri contrattacchi. Ma l'avanzata sovietica fu inesorabile anche se duramente contrastata: il 5 agosto veniva liberata Orël, il 23 finiva con la vittoria russa la Quarta battaglia di Char'kov, dopo nuovi furiosi scontri di carri armati; ai primi di settembre crollava anche il fronte sul Mius (presa di Taganrog e Stalino). A questo punto Hitler accolse, pur con riluttanza, la proposta del feldmaresciallo Erich von Manstein di un ripiegamento strategico fino alla linea del Dnepr (l'ipotizzato Ostwall), poiché le perdite tedesche erano state ingenti, le riserve corazzate erano esaurite e i russi apparivano nettamente superiori.Cominciò così la grande battaglia per il Dnepr: le truppe sovietiche, energicamente spronate da Stalin, inseguirono subito l'esercito tedesco in ritirata che tentava di attestarsi saldamente sul grande fiume. Il progetto tedesco fallì: i sovietici costituirono rapidamente numerose teste di ponte da cui partire per liberare anche l'Ucraina occidentale; l'obiettivo più importante era Kiev, che venne liberata il 6 novembre dopo un'audace manovra aggirante delle truppe corazzate sovietiche. Anche più a sud i sovietici si attestarono sulla riva occidentale del Dnepr e liberarono progressivamente (dopo duri scontri) i grandi centri di Dnepropetrovsk, Zaporož'e, Kremenčuk. Infine anche a nord, nella regione centrale, l'Armata Rossa passò all'offensiva e, nonostante la resistenza tedesca e le difficoltà del terreno, liberò anche Brjansk (17 settembre) e Smolensk(25 settembre).Tuttavia i tedeschi, pur fortemente indeboliti, mantennero ancora il possesso della Crimea, degli importanti centri minerari di Krivoy Rog e Nikopol e sferrarono anche una nuova controffensiva (con l'afflusso di rinforzi dall'ovest e dall'Italia) che mise in grosse difficoltà le truppe sovietiche che avanzavano dopo la liberazione di Kiev, (controffensiva di Žytomyr: novembre-dicembre 1943). Nonostante questi rovesci locali e le gravi perdite, Stalin e l'Armata Rossa conclusero il 1943 con pieno successo: l'esercito tedesco era stato gravemente danneggiato (1.400.000 morti, feriti o dispersi tra luglio e dicembre) ed era ora inferiore numericamente e tecnicamente, gran parte delle regioni occupate erano state liberate, l'offensiva invernale, già in preparazione, prometteva nuovi successi, l'intervento in forze sul continente degli anglosassoni era imminente.Fin dal 24 dicembre, dopo la breve pausa imposta dalla controffensiva tedesca di Žytomyr, l'Armata Rossa riprese la sua offensiva nel settore meridionale del fronte orientale. Nonostante il peggioramento delle condizioni climatiche, i sovietici progredirono nell'Ucraina occidentale nel tentativo di schiacciare le forze tedesche contro la costa del Mar Nero. La resistenza tedesca, ancora una volta basata sulle forze corazzate, riuscì a frenare l'avanzata, ma le truppe che Hitler aveva ostinatamente lasciato nella testa di ponte sul Dnepr di Kanev, vennero accerchiate e distrutte dopo una nuova terribile battaglia invernale.Questo nuovo disastro tedesco facilitò la successiva avanzata generale di tutto lo schieramento meridionale sovietico: a sud vennero liberate Krivoy Rog (22 febbraio) e Nikopol' (8 febbraio) e rimase isolato il raggruppamento tedesco in Crimea; il maresciallo Konev iniziò la sua celebre marcia nel fango e a dispetto delle intemperie liberò di sorpresa Uman' e proseguì a valanga superando in successione il Buh Meridionale, il Dnestr e il Prut. Il maresciallo Žukov manovrò in profondità verso Černivci e i Balcani. A Kam'janec'-Podil's'kyj i carri armati dei due marescialli riuscirono a chiudere in una sacca un'intera armata tedesca (28 marzo); sembrò giunta la catastrofe finale dei tedeschi a sud; ma l'armata accerchiata riuscì con una ritirata di centinaia di chilometri, aiutata da un nuovo efficace contrattacco di truppe corazzate tedesche affluite dall'ovest al comando del generale Model , a uscire dalla sacca e a porsi in salvo (4 aprile). In questo modo i tedeschi riuscirono ad evitare il crollo ma tutta l'Ucraina era ormai stata persa e i sovietici erano penetrati in Romania (dopo aver liberato Odessa) e in Polonia orientale. Anche a Nord i sovietici riuscirono finalmente a rompere in modo definitivo la presa tedesca su Leningrado il 26 gennaio e a progredire, con grosse difficoltà e gravi perdite, verso i Paesi Baltici fino a raggiungere la linea Pskov-Narva Alla vigilia di Overlord, ai Russi rimanevano da liberare solo la Bielorussia e gli Stati Baltici; a costo di incredibili sacrifici e spaventose perdite, l'esercito tedesco era stato dissanguato, Stalin poteva ora guardare con fiducia ai suoi vasti progetti geostrategici di riorganizzazione della carta europea.