7 dicembre 1941: day of infamy:
L'attacco di Pearl Harbor (nome in codice "operazione Z", ma conosciuto anche come "operazione Hawaii" o "operazione AI") fu un'operazione che ebbe luogo il 7 dicembre 1941 nella quale forze aeronavali giapponesi attaccarono la flotta e le installazioni militari statunitensi stanziate nella base navale di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii. L'operazione fu attuata in assenza della dichiarazione di guerra da parte giapponese, che fu formalizzata soltanto ad attacco iniziato, e provocò l'ingresso nella seconda guerra mondiale degli Stati Uniti dove si sviluppò nell'opinione pubblica un forte sentimento di riprovazione e di odio verso il Giappone. Il presidente Franklin Delano Roosevelt parlò di Day of infamy (giorno dell'infamia).Indipendentemente dagli sviluppi politico-diplomatici e dall'andamento delle trattative con gli statunitensi, lo stato maggiore della Marina giapponese aveva iniziato a pianificare un possibile attacco alle Hawaii fin dalla primavera del 1940, allorché il vice-ammiraglio Isoroku Yamamoto era stato promosso ammiraglio e nominato comandante in capo della "Flotta combinata".All'inizio del 1941 l'ammiraglio, coadiuvato dal contrammiraglio Takijiro Onishi, presentò un primo progetto dettagliato per la cosiddetta "operazione Hawaii": l'attacco a sorpresa alla base statunitense di Pearl Harbor.Yamamoto, cosciente della superiorità di risorse materiali e industriali degli Stati Uniti nel caso di conflitto prolungato, riteneva indispensabile sferrare un colpo decisivo alla flotta principale statunitense per "decidere l'esito della guerra fin dal primo giorno". L'ammiraglio prevedeva di attaccare con l'intera flotta delle portaerei pesanti giapponesi, che si sarebbero avvicinate alle Hawaii dopo essersi rifornite di carburante in mare. In un primo momento Yamamoto considerò anche la possibilità di effettuare un attacco quasi suicida di "sola andata" con decollo degli aerei a grande distanza con eventuali ammaraggi d'emergenza, ma questi progetti vennero poi abbandonati a favore del piano del comandante Minoru Genda e del contrammiraglio Onishi, esperti di tecnica aeronavale, che proposero di sferrare l'attacco dopo essersi avvicinati con le portaerei il più possibile alla base di Pearl Harbor, per attaccare con bombardieri e aerosiluranti, cercando soprattutto di affondare le portaerei nemiche.La marina giapponese disponeva di informazioni dettagliate della base di Pearl Harbor, dal momento che le installazioni erano visibili dalla città e che era possibile compiere sorvoli della zona. Quindi a Tokyo si conoscevano le navi e gli aerei di stanza alla base, i loro programmi, i loro movimenti.Per poter identificare meglio gli obiettivi, i giapponesi suddivisero Pearl Harbor in cinque diverse zone: A (Ford Island e l'arsenale marittimo); B (l'area nord-occidentale di Ford Island); C (East Lock); D (Middle Lock) ed E (West Lock).Per ridurre le probabilità di intercettazione da parte di imbarcazioni mercantili e/o ricognitori aerei, l'ammiraglio Yamamoto scelse inoltre la rotta più lunga: anziché scegliere la via più breve, attraverso le isole Midway, o quella più meridionale, a nord dell'arcipelago delle isole Marianne, decise di far risalire verso nord la flotta dal Giappone fino alle Curili per poi piegare verso sud-est e giungere sull'obiettivo da nord. Pur comportando la necessità di rifornimenti in mare, questo tragitto presentava il vantaggio di non incrociare rotte mercantili e riduceva il rischio di avvistamento da parte delle pattuglie aeree da ricognizione statunitensi.Insieme a questa operazione Yamamoto organizzò la contemporanea conquista delle basi statunitensi poste sull' atollo di Wake. L'isola fu attaccata dai giapponesi l'8 dicembre 1941 e da questi occupata il 23 dello stesso mese. La conquista di queste basi, oltre all'attacco a Pearl Harbor, aveva lo scopo di tenere lontane le forze statunitensi dal teatro di operazioni del sud-est asiatico dove i giapponesi contavano di occupare le Filippine, Hong Kong, la Malesia, le Indie orientali olandesi, Singapore e la Birmania e di impadronirsi delle necessarie materie prime; sarebbero stati conquistati anche i possedimenti britannici e olandesi e la Cina, dopo l'invasione dell'Indocina e della Birmania, sarebbe stata isolata dai suoi alleati anglosassoni. Quando gli statunitensi si fossero ripresi dal colpo ed avessero ricostituito la loro flotta del Pacifico, i giapponesi avrebbero già consolidato le loro posizioni nei paesi occupati e la loro macchina bellica sarebbe stata in grado di respingere i tentativi di controffensiva anglo-americana.Il primo contatto tra le forze giapponesi e le difese statunitensi si verificò alle ore 03:42 del 7 dicembre: mentre i dragamine Crossbille Condor erano in navigazione a 3 km a sud dell'entrata di Pearl Harbor, a bordo del Condor il guardiamarina R.C. McCloy avvistò una scia bianca che il capo timoniere Uttrick identificò come la traccia di un periscopio; alle 03:57 fu contattato il cacciatorpediniere Ward, di pattuglia all'ingresso del porto, perché indagasse. Il tenente William Outerbridge al comando della Ward, invece di comunicare subito la notizia dell'avvistamento ai comandi superiori, richiese un rapporto dalla Condor e nell'ora successiva condusse un'infruttuosa ricerca nell'area con il sonar. Alle 04:35 Outerbridge tolse lo stato di allarme; la rete antisommergibile all'ingresso del porto avrebbe dovuto aprirsi alle 04:58 per permettere l'ingresso dei dragamine e rimanere aperta fino alle 08:40: molto probabilmente il sommergibile intendeva entrare nella rada sulla scia delle navi statunitensi durante questo lasso di tempo.Intorno alle 06:30 la nave rifornimento Antares avvistò ciò che ritenne essere un sommergibile e ne diede avviso alla Ward; anche uno degli idrovolanti da pattugliamento PBY scorse il sommergibile e sganciò su di esso un fumogeno proprio mentre stava giungendo la Ward.Outerbridge avvistò la torretta del sommergibile e in base alle disposizioni vigenti alle 06:45 aprì il fuoco colpendola; la Ward bersagliò quindi il percorso ipotetico del sommergibile nemico con bombe di profondità. Il sommergibile non riemerse e Outerbridge ritenne di averlo colpito, e solo alle 06:53 mandò finalmente un segnale in codice al comando del 14º distretto navale con il rapporto su quanto successo,segnale che fu intercettato dai giapponesi che se ne servirono per localizzare la giusta direzione. Alle 07:03 la Ward individuò un secondo periscopio e lanciò cinque bombe di profondità che provocarono l'affondamento di un secondo sommergibile.L'importante comunicazione della Ward delle ore 06:53 venne ricevuta dal capitano di corvetta Harold Kaminski, ufficiale di servizio al comando del 14º distretto che cercò senza successo di mettersi in contatto con l'aiutante dell'ammiraglio Bloch (il comandante del distretto navale); nei minuti successi Kaminski ed il capitano Earle dello stato maggiore del distretto cercarono di diffondere la notizia e di allertare i comandi ed anche l'ammiraglio Kimmel venne informato alle ore 07:40. Era ormai troppo tardi: l'ammiraglio era ancora in attesa di una conferma della notizia quando alle ore 07:49 iniziarono gli attacchi aerei.La flotta dei sommergibili tascabili del capitano di corvetta Hanku Sasaki giunse intanto a destinazione, ma non ottenne alcun risultato; i cinque sommergibili tascabili, sganciati nei pressi dell'isola con il compito di penetrare nel porto e contribuire agli affondamenti, furono tutti distrutti. Oltre a quelli colpiti dalla Ward, un'altra unità fu individuata e attaccata alle ore 08:30 da quattro cacciatorpediniere statunitensi, mentre un sommergibile tascabile si arenò sulla spiaggia per problemi tecnici e venne catturato. Infine il quinto sommergibile venne colato a picco dal fuoco dell'incrociatore St. Louis alle ore 09:30.Gli attacchi aerei furono progettati e coordinati dal capitano di fregata pilota Mitsuo Fuchida e dal capitano di fregata Minoru Genda. Le portaerei giapponesi avrebbero sferrato un "attacco a tappe disuguali": si sarebbero avvicinate al punto più prossimo all'obiettivo con il favore delle tenebre ma, dopo le operazioni di decollo, esse si sarebbero allontanate con una rotta diversa da quella di avvicinamento, per essere raggiunti dagli aerei di ritorno da Pearl Harbor in una posizione più distante dall'obiettivo da cui erano partiti. Questo accorgimento consentiva una maggior probabilità di sfuggire ad un eventuale inseguimento da parte di aerei statunitensi.Gli aerei giapponesi avrebbero dovuto percorrere una tappa breve e una lunga, mentre gli aerei statunitensi avrebbero dovuto compiere due tappe lunghe, di andata e ritorno. Erano previste due ondate di incursioni aeree ed una terza come riserva nel caso in cui la ricognizione sull'obiettivo dopo le prime due ne avesse evidenziata la necessità.La prima ondata era costituita da tre gruppi distinti, per un totale di 183 velivoli, posti al comando del capitano di fregata Mitsuo Fuchida. Gli aerei decollarono alle ore 6:00 dalle portaerei poste nel punto di lancio a circa 440 km a di Nord di Oahu, e l'attacco ebbe inizio alle ore 7:55 ora locale (ore 18:25 GMT del 7 dicembre).Alle ore 07:02 gli aerei della prima ondata furono avvistati dalla postazione radar di Opana Point .I due radaristi alle 7:15 avvisarono il centro di Fort Shafter dove la comunicazione fu passata al tenente pilota Kermit A. Tyler.Questi, privo di solida esperienza, ritenne che dovesse trattarsi di uno gruppo di bombardieri statunitensi B-17 il cui arrivo era atteso a breve e quindi fece rassicurare i due addetti al radar che avevano effettuato il rilevamento dal centralinista di turno che tacitò le preoccupazioni dei due con la semplice frase: Don't worry about it (non preoccupatevi). La rotta di avvicinamento della prima ondata di attacco in effetti si discostava poco da quella lungo la quale i bombardieri statunitensi sarebbero dovuti arrivare.Il volo della formazione d'attacco giapponese, dopo qualche difficoltà a causa della fitta coltre di nuvole a 2000 metri di quota, fu rapido e gli aerei, favoriti da un forte vento di coda, raggiunsero la costa settentrionale di Oahu con circa 30 minuti di anticipo. Fuchida inoltre, sintonizzando la sua radio di bordo sulla stazione commerciale di Honolulu che trasmetteva regolarmente bollettini meteo, apprese preziose informazioni sulle nuvole presenti a est sopra le isole e decise di attaccare da ovest e sud-ovest, sfruttando come radiolocalizzatore le emissioni della stazione statunitense. La formazione giapponese volava con i bombardieri a quota 3000 metri, a destra più in basso gli aerosiluranti, sulla sinistra in alto i bombardieri in picchiata e ancora più in alto a 5000 metri di quota i caccia Zero di scorta.Alle ore 07:30 i piloti giapponesi giunsero sopra Oahu, quasi libera da nuvole, e il capitano di corvetta Fuchida decise di attuare il piano dell'attacco a sorpresa che prevedeva l'intervento iniziale degli aerosiluranti contro le navi, lanciando alle ore 07:40 un candelotto fumogeno che era il segnale concordato; quindi gli aerosiluranti iniziarono a calare a livello dell'acqua, i bombardieri in picchiata salirono a 4000 metri e i bombardieri convenzionali scesero a 1000 metri di quota. I caccia Zero non videro però il segnale e Fuchida dovette quindi lanciare un secondo candelotto fumogeno che finalmente fu notato dal comandante dei caccia della Sōryū, tenente di vascello Masaharu Suganami. Gli Zero scesero in picchiata ma, interpretando erroneamente il secondo fumogeno, anche i bombardieri in picchiata del capitano di vascello Takahashi entrarono subito in azione creando una certa confusione con gli aerosiluranti.I primi attacchi giapponesi, sferrati alle ore 07:50 dai bombardieri Aichi D3A1 Val del capitano di corvetta Takahashi divisi in due gruppi, vennero portati contro la base aerea di Wheeler Field, sede del 14º Pursuit Wing statunitense (equipaggiato con caccia P-36 e P-40); i venticinque Val giapponesi partiti dalla Zuikaku al comando del tenente di vascello Sakamoto colsero completamente di sorpresa il nemico, i cui aerei erano tutti allineati allo scoperto sulle piste di volo senza alcuna protezione. Il comandante della base, colonnello William Flood, fin dal 27 novembre aveva evidenziato il pericolo di una simile disposizione ma il generale Short, preoccupato di non allarmare la popolazione con disposizioni da tempo di guerra e timoroso soprattutto di sabotaggi, aveva insistito per mantenere gli aerei ben raggruppati sulle piste di volo. I bombardieri giapponesi provenienti da nord, quindi, poterono attaccare senza difficoltà e senza opposizione i bersagli ed in una dozzina di minuti colpirono con bombe da 250 kg gli hangar, le installazioni, il posto di comando della base e le caserme, oltre a bersagliare gli aerei statunitensi a terra con le mitragliatrici di bordo; entro pochi minuti si unirono all'attacco anche i 14 caccia Zero delle portaerei Hiryū e Sōryū (tenenti di vascello Suganami e Okajima) che contribuirono alle distruzioni. In pochi minuti la base fu devastata dalle esplosioni e dagli incendi.A partire dalle ore 07:55 anche il secondo gruppo di bombardieri Val, ventisei aerei guidati direttamente dal capitano di corvetta Takahashi, entrò in azione contro la Ford Island Naval Air Station e contro Hickam Field.Nove bombardieri giapponesi attaccarono la base aeronavale.Alle ore 07:55 anche gli aerosiluranti guidati dal capitano di corvetta Murata passarono all'attacco: dopo un'inutile ricerca delle portaerei nemiche, i velivoli giapponesi attaccarono le corazzate e le altre navi ancorate ai due lati di Ford Island; i quaranta aerosiluranti B5N2 Kate entrano in azione divisi in due gruppi da ovest e da est Questo secondo gruppo lanciò subito sette siluri contro le prime navi individuate e due colpirono la nave bersaglio Utah mentre uno raggiunse l'incrociatore leggero Raleigh.Dopo aver lanciato via radio il suo messaggio convenzionale, il capitano di corvetta Fuchida si portò con i suoi quarantanove Kate a ovest di Oahu per attaccare Pearl Harbor da sud in una formazione in linea di fila di dieci gruppi da cinque bombardieri convenzionali ciascuno. Ostacolato dal fumo proveniente dalle esplosioni e dagli incendi a bordo delle navi statunitensi già colpite, Fuchida dovette fare un secondo passaggio e ricevette colpi della contraerea mentre i suoi gregari lanciarono le loro bombe sulla corazzata Maryland. Il secondo ed il terzo gruppo di bombardieri colpirono invece la Tennessee e la West Virginia, mentre i gruppi di coda si concentrarono sulla USS Arizona che incassò quattro bombe che provocarono il disastro. Una bomba colpì la torretta n. 4, due esplosero nelle sovrastrutture anteriori mentre una bomba colpì la torretta n. 2 e dopo aver attraversato due ponti raggiunse il terzo ponte dove esplose sopra i magazzini di polvere dell'artiglieria principale. L'incendio si estese subito dalle due torrette alla polvere nera utilizzata dalle catapulte degli aerei e quindi ai magazzini dell'artiglieria principale e secondaria provocando una violenta esplosione che spezzò in due la corazzata e uccise 1177 uomini di equipaggio, tra cui il contrammiraglio Isaac Kidd e il comandante della nave Franklin van Valkenburgh. Mentre i gruppi aerei guidati da Murata e Fuchida provocavano gravi danni alle navi principali statunitensi, altre formazioni giapponesi attaccarono le basi aeree di Ewa, sede del 21st Marine Aircraft Group equipaggiato con moderni aerei SBD Dauntless e F4F Wildcat, e Kanehoe, base del Pat Wing 1, equipaggiato con trentasei idrovolanti di vari modelli. Ewa venne attaccata intorno alle ore 08:00 inizialmente da un piccolo gruppo di bombardieri Val e poi da diciassette caccia Zero che in pochi minuti devastarono le piste e rivendicarono la distruzione di trentasei apparecchi nemici al suolo. Kanehoe invece venne colpita da nord alle ore 07:48 da undici Zero delle portaerei Shōkaku e Zuikaku divisi in due gruppi; in otto minuti i caccia nipponici distrussero o danneggiarono quasi tutti i trentatré idrovolanti statunitensi presenti sulle rampe o nelle acque della baia e incendiarono molte installazioni della base. seconda ondata, anch'essa suddivisa in tre gruppi, era composta da 167 velivoli e comandata dal capitano di corvetta Shigekazu Shimazaki, della portaerei Zuikaku. Gli aerei decollarono alle ore 7:15 Il suo attacco ebbe inizio alle ore 8:55.Non vi fu una vera e propria interruzione tra la prima e la seconda ondata, ma solo una momentanea pausa, dove le difese statunitensi inizialmente colte di sorpresa poterono organizzarsi. La Nevada e la Alwyn riuscirono a prendere il mare, ma alle 08:55 circa la seconda ondata del comandante Shimazaki giunse presso Kaneohe con 54 bombardieri d'alta quota, 78 bombardieri in picchiata e 36 caccia. Nel frattempo Fuchida rimase a sorvolare il porto per accertare i danni e per osservare i risultati di Shimazaki, dal momento che la sua valutazione sarebbe servita a Nagumo per decidere dell'opportunità di un terzo attacco.Il primo gruppo di Ichibara si abbatté inizialmente su Kaneohe per completare la distruzione degli hangar e degli idrovolanti PBY Catalina, la spina dorsale della ricognizione aerea a lungo raggio statunitense, per poi dirigersi a Bellow Fields. Il secondo gruppo di Egusa invece si diresse direttamente sul porto di Pearl Harbor mentre il terzo gruppo di Shimazaki attaccò Hickam Field con l'obiettivo di colpirne le installazioni militari e gli hangar.I bombardieri in picchiata del gruppo di Egusa ebbero non poche difficoltà nell'attacco al porto: il loro obiettivo era quello di eliminare definitivamente le corazzate statunitensi, ma le difese non furono colte di sorpresa come con la prima ondata; appena raggiunsero Oahu, le esplosioni della contraerea circondarono il gruppo creando scompiglio, tanto che Egusa decise di puntare a qualunque obiettivo a portata di tiro. Egusa iniziò il bombardamento in picchiata alle 09:05 colpendo la New Orleans; furono colpiti anche i due cacciatorpediniere Cassin e Downes, posti in secca nello stesso bacino di carenaggio nel quale si trovava la corazzata Pennsylvania, ed entrambi presero fuoco: in precedenza gli aerosiluranti avevano tentato senza successo di colpire le porte del bacino. Il tentativo di allagare il bacino stesso per contrastare l'incendio peggiorò le cose innalzando ancora di più le fiamme, in quanto il carburante essendo più leggero dell'acqua galleggiava lambendo progressivamente le sezioni più alte degli scafi; pochi istanti dopo la Cassin esplose colpita nel deposito munizioni, quattro bombe colpirono la Shaw che si incendiò e alle 09:07 la Pennsylvania, ammiraglia della Flotta del Pacifico.L'incrociatore Honolulu fu attaccato alle 09:20 e colpito da un bombardiere in picchiata che non gli inflisse grossi danni; gli aerei giapponesi sceglievano le navi più grandi, il vecchio incrociatore Raleigh sopravvissuto alla prima ondata venne duramente colpito da un siluro, la nave officina Vestal in fiamme si incagliò contro un banco di coralli, mentre la Oglala non ebbe la stessa fortuna: le sue linee di giunzione erano state scardinate dall'onda d'urto provocata dal siluro che aveva colpito la Helena e aveva lentamente iniziato a pendere da un lato; alle 09:30 il capitano Furlong ordinò di abbandonare la nave.Intanto la Nevada, dilaniata a prua, tentava di prendere il largo: i Val della Kaga la videro all'altezza del molo 1010 e capirono cosa intendeva fare, così tentarono di affondare la corazzata proprio all'imboccatura del porto. Ventitré Val puntarono la corazzata scaricandole addosso una dozzina di bombe. Gravemente danneggiata, la Nevada riuscì comunque a virare a sinistra incagliandosi e lasciando l'imboccatura libera. Il caos regnava nel bacino navale: petrolio in fiamme galleggiava verso la California, la Maryland stava lottando per liberarsi dalla stretta dell'Oklahoma che si era capovolta, l'Arizona stava bruciando mentre la Nevada aveva preso il largo ma ad un prezzo terribile.Dopo aver bombardato il porto Egusa e i suoi uomini si diressero verso Wheeler, Hickam ed Ewa per mitragliare i campi di aviazione e gli edifici. Ad Hickam stava già operando il gruppo di Shimazaki che aveva messo a ferro e fuoco la base, l'intervento dei bombardieri di Egusa completò l'attacco: i bombardieri presenti furono gravemente danneggiati e la base resa quasi inservibile. A Kaneohe invece i caccia Zero della Sōryū furono contrastati dal fuoco contraereo e venne abbattuto e ucciso il comandante, tenente di vascello Fusata Iida, che si gettò volontariamente con il suo aereo danneggiato contro le installazioni.Alle 10:00 gli aerei della prima ondata tornarono alle loro rispettive portaerei, sull'isola il governatore Poindexter dichiarò lo stato di emergenza in tutto il territorio delle Hawaii via radio, ed entro le 10:42 le stazioni radio vennero spente per evitare che i nemici utilizzassero i segnali come guida per gli aerei. Quella notte, come tutte le notti nelle settimane successive, alle Hawaii sarebbe stato imposto l'oscuramento notturno.
Gli aerei statunitensi scampati all'attacco decollarono alla ricerca degli attaccanti, ma senza risultati. Alle 12:30 la polizia di Honolulu e l'FBI fecero irruzione nell'ambasciata giapponese, trovando il personale diplomatico accanto a cestini pieni di cenere e di documenti ancora in fiamme. Alle 11:00 il comandante Fuchida iniziò il suo volo di ricognizione per valutare i danni inflitti alla flotta statunitense per poi dirigersi verso l'Akagi, su cui atterrò alle 13:00 circa. Discusse della possibilità di un terzo attacco con l'ammiraglio Nagumo, ma questi era convinto che si fosse fatto abbastanza e decise di non far partire la terza ondata; alle 16:30 Nagumo ordinò quindi alla forza d'attacco di ritirarsi.
Gli aerei statunitensi scampati all'attacco decollarono alla ricerca degli attaccanti, ma senza risultati. Alle 12:30 la polizia di Honolulu e l'FBI fecero irruzione nell'ambasciata giapponese, trovando il personale diplomatico accanto a cestini pieni di cenere e di documenti ancora in fiamme. Alle 11:00 il comandante Fuchida iniziò il suo volo di ricognizione per valutare i danni inflitti alla flotta statunitense per poi dirigersi verso l'Akagi, su cui atterrò alle 13:00 circa. Discusse della possibilità di un terzo attacco con l'ammiraglio Nagumo, ma questi era convinto che si fosse fatto abbastanza e decise di non far partire la terza ondata; alle 16:30 Nagumo ordinò quindi alla forza d'attacco di ritirarsi.